giovedì 6 dicembre 2012

Come cambiare idea...storie di vita vissuta

Sono sempre stata indifferente al matrimonio.
Non per partito preso.
Semplicemente ho sempre creduto non fosse necessario un pezzo di carta e una firma in calce a un documento per certificare l’unione tra due persone.

Sono sempre stata indifferente al matrimonio.
L’anello,il tuo adorato compagno in ginocchio, tre parole – «Mi vuoi sposare?» – poi il circo: dove, come, quando, chi, cosa. Un circo non più finito, una spirale che ti risucchia

E ci si dimentica il perché. 


in compenso ho sempre adorato andare a vedere le spose che arrivavano in chiesa..più che altro hon sempre adorato vedere la trpidazione del lui di turno e la sua emozione all'arrivo dell'auto con la sposa, la gioia sul viso dell'uomo quando vede la sua amata compagna scendere ed andargli incontro...

Qualche tempo fa la mia mente è partita per altri lidi.
Matrimonio in paese.

Lui scoppia in lacrime quando vede lei scendere dall'auto.Lui è un mio coetaneo, uno dei duri del paese, di quelli tutti d'un pezzo che pare che niente li scalfisca. Lei è arrivata con le stampelle addobbate coi fiori, aveva il gesso, ma niente poteva fermarla.
Guardavo questi due sposi belli e innamorati uscire dalla chiesa, con il loro sorriso a mo’ di ombrello sopra le loro teste piene di coriandoli. Li guardavo e la mia mente è partita per altri lidi.

In un istante mi si è palesata davanti agli occhi la sfilza di amici, parenti e conoscenti, di età più disparate, che da qualche tempo continuavano a chiederci "quando vi sposate?". E la mia mente ha preso una via sconosciuta.

Sono tornata a casa e ci ho riflettuto parecchio.
Credo d’aver passato un’intera sera imbambolata più del solito a riflettere sulla questione e su tutti i matrimoni che ero andata negli ultimi anni a sbirciare..le emozioni viste, i festeggiamenti, i saluti e l'amore, l'amore ovunque e la felicità che serpeggiano in quegli istanti..non ho mai visto un matrimonio senza emozioni..ma ero indifferente al pensiero del mio possibile matrimonio.

Alla fine è stata una foto a risolvere i miei dubbi. La foto dei miei nonni, felici, reduci, sorridenti, semplici, vestiti col vestito della festa, che la nonna qualche giorno dopo ha tinto di blu per usarlo ancora. 52 anni di matrimonio, di vita insieme, di coccole, figli e nipoti da crescere, baruffe, difficoltà, gite in auto per raccogliere i funghi (10 km e pareva di andare in vacanza), piccole e grandi gioie.
Eccoli i miei nonni e la generazione che si sposava  subito dopo la guerra, con ancora negli occhi e nelle orecchie il ricordo delle  bombe che calavano dal cielo, la sirena che interrompeva i lavori riempiendo i rifugi e la morte che non dava tregua. Con pochi parenti presenti perché qualcuno dei tuoi cari in quella guerra aveva perso la vita.
Senza il papà che dalla guerra non era tornato. Ma con la speranza, con il desiderio di ricostruire, di andare avanti!!
Era l’incertezza nel futuro che faceva rompere gli indugi, che dava la voglia di concentrare tutta la propria vita, tutto ciò che si era, in un semplice scorrere di anello, capace perfino di racchiudere la propria carne, il proprio sangue, le proprie ossa.

Ecco, quella foto mi ha fregata.
Mi sono commossa, mi sono emozionata.
Ed ho aperto l'armadio di mia madre trovandoci il vestito blu della nonna.

Va bene, oggi ci si sposa sempre meno. C'è la crisi economica. manca il lavoro e siamo precari.
Ma l’idea di progettare un futuro insieme nel caos assoluto, nell’infinita freddezza sociale, mi lascia sperare.
Vuol dire che in questo duro mondo c'è ancora spazio per provare a realizzare i sogni!

Ecco cos’ho capito:se volete vedere la luce in fondo al tunnel di questa crisi, bisogna che vi sposiate!
Non per il pezzo di carta: per quello continuo a essere indifferente.
No, bisogna che vi impegniate, che vi diate semplicemente da fare per ciò che amate.
Dateci dentro, perché questo è l’unico modo.

È il modo di «volare verso un mondo dove è ancora tutto da fare e dove è ancora tutto, o quasi tutto, da sbagliare».


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